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La passione di Cristo è trasposta in Sardegna,in un luogo diverso da quello storico, come nelle opere dei pittori rinascimentali che rappresentarono gli episodi narrati nel Vangelo ambientandoli nel loro tempo, nei loro paesi e con i loro costumi, senza mai mostrare la Palestina. Nel film il racconto inizia e finisce nel sepolcro dove Maria piange sul corpo del figlio. Tutto è già accaduto, ma gli antefatti si riaffacciano come ricordi e come sogni dei diversi protagonisti.
Regia: Giovanni Columbu
Interpreti: Fiorenzo Mattu, Pietrina Menneas, Tonino Murgia, Paolo Pillonca, Antonio Forma, Luca Todde, Giovanni Frau, Bruno Petretto, Carlo Sannais, Ignazio Pani
Sceneggiatura: Giovanni Columbu
Fotografia: Uliano Lucas, Francisco Della Chiesa, Leone Orfeo, Massimo Foletti
Montaggio: Giovanni Columbu
Musiche:
Durata: 1 ora e 20 minuti
Il potente Vangelo sardo di Giovanni Columbu: oltre i santini zeffirelliani, un Cristo rifatto Uomo
Su Re ("Il Re"), ovvero il Cristo sardo di Giovanni Columbu. Tratto dai sinottici, è un quinto vangelo - parlato in sardo, sottotitolato in italiano – che abbraccia “un sogno, in cui gli accadimenti si ripropongono nella loro perdurante drammaticità e in una sequenza non lineare: proprio come nell’esperienza del ricordare rituale e collettivo che è la messa cristiana”.
Si pensa, ovvio, al Vangelo secondo Matteo di Pasolini, si ritrovano quadri e cori cinici da Ciprì e Maresco, soprattutto, si guarda alla pittura: Caravaggio, su tutti, per tagli di luce e fisiognomica degli interpreti. Seguendo la profezia di Isaia - “Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per potercene compiacere” - Columbu affida Cristo a Fiorenzo Mattu, che non è bello, proprio no, ricorda un Bacchino tumefatto, con occhi e labbra da pesce palla. Basso, scuro e peloso: dimenticate l’iconografia zeffirelliana, il Cristo bello, biondo e agiografico, le fattezze da santino e i lunghi capelli lisci da pubblicità del Pantene.
No, qui il girardiano ritorno surrettizio del sacro passa
dall’iconoclastia dell’immaginario eletto: cancellazione “violenta” di
quel pregresso, cinematografico e non solo, che ha cancellato il sacro e
aperto al suo ritorno immanente. Tra le pietre, il vento e la natura
brulla dell’isola, Columbu fa implodere le calcificazioni del
devozionismo e ritrova il sapere della violenza: Cristo soffre e
sanguina, ci mancherebbe, ma la violenza è un’altra.
Dotta, informata
e letteralmente appassionata, la potente, fascinosa rilettura di Su Re
scarifica la parafrasi omogeneizzata delle Letture e ritrova il Cristo
(s)fatto uomo, una nicciana pratica di vita, riportando sullo schermo la
kenosis, il salvifico abbassamento di Dio al livello dell’uomo. E’ qui
che riecheggia la recente esperienza mariana di Io sono con te di Guido
Chiesa: la temperatura umana è la medesima, la prospettiva “dal basso”,
la carne viva, Cristo e la Madonna due come noi. Più di noi. (Federico
Pontiggia)