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Shaleha Sarail vive a Sitangkai, un villaggio sull’acqua nell’isola di Tawi-Tawi. Questa provincia, situata nella parte più meridionale delle Filippine verso gli arcipelaghi malese e indonesiano, è dedita alla produzione di alghe marine. Shaleha, una donna ormai matura e al terzo aborto spontaneo, si dispera per l’impossibilità di aver figli. Nonostante sia madre adottiva di un nipote, sente che il marito Bangas ha ancora il desiderio di diventare padre. Per appagare il sogno del marito ed essere benedetta da Allah, poiché un figlio è un segno tangibile della grazia divina, la donna decide di intraprendere un’altra strada: troverà una nuova moglie per Bangas. Giorno e notte i due coniugi si spostano in barca tra le isole, le comunità vicine e i villaggi sull’acqua alla ricerca di una donna fertile. Infine, su segnalazione di alcuni amici, trovano la fanciulla giusta. Ma alla vigilia delle seconde nozze del marito con Mersila, Shaleha è rosa dalla gelosia.
In Concorso al Festival di Venezia 2012
Regia: Brillante Mendoza
Interpreti: Nora Aunor, Bembol Roco, Lovi Poe, Mercedes Cabral
Sceneggiatura: Henry Burgos
Durata: 1 ora e 40 minuti
Fertilità in Concorso: l'amore senza confini di Brillante Mendoza è da Leone d'Oro
Sterilità e fertilità. L'uomo, la terra e il mare. Soprattutto, la Donna. Che dopo l'indimenticabile nonnina di Lola (sempre in concorso, a Venezia, nel 2009) torna elemento cardine per Brillante Mendoza anche in questo nuovo lavoro: Sinapupunan (Thy Womb) è l'utero, il grembo da cui tutto nasce e che, al tempo stesso, custodisce il segreto della vita. Shaleha (Nora Aunor, immensa) è una levatrice Bajau nella remota isola di Tawi Tawi, all'estremo sud dell'arcipelago filippino, luogo dove pescatori, cercatori di perle e tessitori di reti vivono in armonia con la natura: musulmani rispetto alla stragrande maggioranza del paese, i Bajau sono conosciuti come gli "zingari del mare", sospesi su acque che lambiscono anche la Malesia e l'Indonesia. Sospesi, come Shaleha e l'amato marito, felici ma segnati dal dramma dell'infertilità: mossa da un amore sconfinato, la moglie acconsente affinché l'uomo sposi una seconda donna e possa esaudire così il suo desiderio di paternità.
L'apparente semplicità con cui Mendoza ci racconta la storia di questa
coppia, l'immediatezza con cui lo sguardo è invitato a fluttuare tra le
palafitte di una comunità sconosciuta, la continua danza degli elementi,
le fugaci incursioni (armate) del mondo esterno: è un film agli
antipodi, Thy Womb, che non si nasconde dietro ai falsi pudori di una
cultura (la nostra) anestetizzata dalla violenza delle immagini ma
capace di scandalizzarsi di fronte alle riprese di un vero parto o
all'uccisione di una mucca, sacrificata ad Allah in occasione delle
nozze (poi rimesse in scena); agli antipodi del nostro universo,
regolato da una concezione dell'amore che non potrebbe mai prevedere,
comprendere, la scelta sofferta che prende Shaleha, addirittura disposta
ad aiutare il marito a mettere insieme una dote con cui presentarsi al
cospetto delle famiglie di ipotetiche, giovani spose.
Mendoza ci
chiede di prendere parte, di abbandonare qualsiasi pregiudizio, ed è
straordinario nel non cadere mai nel facile autocompiacimento, evitando
qualsiasi eccesso atto a ricordarci le difficoltà incontrate,
soprattutto a livello logistico, per realizzare un'opera simile,
ambientata quasi totalmente in mare: una pagina di cinema
indimenticabile, "data alla luce" in uno dei luoghi più incontaminati
(non solo dal punto di vista ecologico) del pianeta. (Valerio Sammarco)