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Michael Perry e Jason Burkett sono stati condannati relativamente a morte e al carcere a vita. Herzog li segue nei loro giorni di prigione fatti di visite, interrogatori e sentenze.
Regia: Werner Herzog
Interpreti: Jason Burkett, Werner Herzog, Michael Perry,
Jeremy Richardson Se stesso
Adam Stotler, Sandra Stotler, Kristen Willis
Sceneggiatura: Werner Herzog
Fotografia: Peter Zeitlinger
Montaggio: Joe Bini
Werner Herzog e i bracci della morte: al TFF un doc nel
baratro, per riportare a galla le nostre coscienze. Capolavoro
Michael Perry, nel braccio della morte per un triplice omicidio a Conroe, Texas, e il suo complice Jason Burkett in prigione: si accusano a vicenda, per quel sangue – una donna, due amici, pardon, conoscenti – versato per rubare una Camaro e farci un giro. Entrambi intervistati, con Perry che parla per l’ultima volta solo 8 giorni prima della sua esecuzione il 1° luglio 2010, ma nel documentario di Werner Herzog, Into the Abyss, il microfono è anche per i parenti delle vittime, i poliziotti e il white trash di Conroe, dove la criminalità è più di una sciagurata opzione di vita. Non solo, particolare rilievo assume il “mea culpa” del capo esecutore del braccio della morte e della moglie di Burkett: matrimonio officiato tra le sbarre con il solo contatto delle mani, eppure, la donna dice di essere incinta di lui.
Mistero, ma non buffo: Into the abyss è un capolavoro, che sorvola delitto e castigo, senza curarsi se Perry sia colpevole o innocente. Il focus è altrove, perché basta poco per uccidere: uno scoiattolo o un uomo, dice un reverendo, è ed credibilmente la stessa cosa. Herzog domanda, ma non compare mai sullo schermo, la narrazione è ridotta al minimo, parlano i responsabili, variamente declinati, almeno dal Sistema, e c’è commozione, humour ad “addolcire” la dose letale.
Soprattutto, c’è l’abisso, e dal primo all’ultimo di questi 106 minuti senti come sia facile, davvero un gioco da ragazzi, sprofondarvi, per un miraggio su quattro ruote, una Camaro da far provare agli amici al bar, per farsi belli e rimanere bulli. Herzog non fa un documentario investigativo, usa i video delle crime scene, ma solo per dare testimonianza, illustrare il paesaggio con figure – così si chiama la sottosezione di Festa Mobile in cui è inserito al 29° TFF – senza determinismo sociale, solo per aiutarci a capire insieme a lui quelle croci numerate e innominate piantate in un camposanto, anzi, in un campo morte. Rimane negli occhi liquidi, nella bocca dischiusa di Michael Perry lo spettro del Palladilardo di Full Metal Jacket, ma qui la finzione non c’è, e non c’è più Michael. L’abisso l’ha inghiottito, e nemmeno il cinema può resuscitarlo. Ma può riportare a galla le nostre coscienze. (Federico Pontiggia)
