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Mentre fa lo stuntman automobilistico a Hollywood e lavora in una officina, Drive guadagna qualcosa extra, offrendosi come autista per alcuni gangster. La sua vita cambia quando decide di aiutare Standard, il marito di Irene, la sua vicina di casa. Appena uscito dal carcere, Standard è in realtà braccato dalla mala, perché deve restituire molti soldi. Quando capisce che i malfattori minacciano di vendicarsi su Irene e sul figlioletto Benicio, Driver rompe ogni indugio. L'unica via d'uscita è eliminare tutte le persone coinvolte, anche coloro che sembravamo amici e in realtà facevano il doppiogioco. Poi Drive lascia la città.
Regia: Nicolas Winding Refn
Interpreti: Ryan Gosling (Driver), Carey Mulligan (Irene), Bryan Cranston (Shannon), Albert Brooks (Bernie Rose), Oscar Isaac (Standard), Ron Perlman (Nino), Christina Hendricks (Blanche), James Biberi (Cook), Kaden Leos (Benicio).
Sceneggiatura: Hossein Amini
Fotografia: Newton Thomas Sigel
Montaggio: Matthew Newman
Musiche: Cliff Martinez
Durata: 1 ora e 40 minuti
Valutazione Pastorale (dal sito della CNVF della Conferenza Episcopale Italiana)
Giudizio: Complesso, violento
Tematiche: Famiglia - genitori figli; Gangster; Male; Violenza
Si tratta del film che, presentato al festival di Cannes nel maggio 2011, vi ha ottenuto il premio per la migliore regia dalla giuria presieduta da Robert De Niro. Winding Refn è nato in Danimarca, ha esordito nel 1996 con "Pusher-L'inizio", esplicitando subito quella che è la sua cifra espressiva preferita: la violenza. Conseguente, e certo non inaspettata, arriva allora la vicenda di Drive, ragazzo che vive sul filo del rasoio tra legalità e illegalità. A far pendere la bilancia sulla seconda è un motivo nobile, l'amore per una donna che il marito non può proteggere, e per il suo bambino. La storia tra i due non nasce mai, vive di silenzi, sguardi, sottrazioni con scarti espressivi di indubbio fascino. Quando poi Drive decide, parte la violenza, e qui invece niente viene risparmiato. Il protagonista intraprende una spirale di uccisioni e omicidi cinica e brutale, talvolta al limite del sadismo. Finita la mattanza, tornano silenzio, calma, lontananza tra lui e lei. L'incontro/scontro tra affetti e malvagità produce uno stridore che ha passaggi molto efficaci, e il regista scava profondità cromatiche esistenziali che rimandano al genere 'noir' denso e meditato. Ma l'incrudelire della violenza forse oltre il necessario risulta alla fine un limite per la pellicola, e il film, dal punto di vista pastorale, è da valutare come complesso e, appunto, violento.
Utilizzazione: il film può essere utilizzato in programmazione ordinaria, ben tenendo conto di quanto detto sopra in relazione ad alcune fasce di spettatori. Molta attenzione è da tenere per minori e piccoli in vista di passaggi televisivi o di uso di dvd e di altri supporti tecnici.
Premiato a Cannes, Nicolas Winding Refn come il suo pilota no name Ryan Gosling: su commissione, ma guida da Dio
Per il cinema del Terzo Millennio, una promessa già mantenuta: Nicolas Winding Refn. Il genietto danese della trilogia Pusher, Bronson e Valhalla Rising è sbarcato in America, facendo di necessità produttiva virtù: Drive home safely, porta a casa la cifra stilistica, la poetica innervata di romantico pessimismo, la violenza servita con un bacio, lo stallo in movimento e il premio alla regia di Cannes.
L’ha voluto Ryan Gosling, folgorato sulla via di Copenhagen, perché
dirigesse l’adattamento del romanzo di James Sallis. Il produttore Mark
E. Platt era rimasto affascinato dal pilota talentuoso, “buono” e
innominato, come il cattivo di Dirty Harry: Clint Eastwood, Steve
McQueen, la fascinazione per gli uomini che parlano con le azioni,
impugnando un bastone.
Il 40enne Refn non ha eluso queste attese, ma
fatto di meglio: stuntman per il cinema e pilota per la criminalità, il
suo protagonista no name (Gosling, straordinariamente impassibile) ci
guida nella generazione no future, dove l’amore – per la stupenda Carey
Mulligan – è solo potenza, la facoltà non si abbina alla proprietà
(guida, non possiede auto) e la tenerezza e lo spirito paterno stanno
nella stessa inquadratura della violenza iperrealista, del parossismo
vendicativo che rasenta lo splatter.
Ma in questa traiettoria di genere, Refn inscrive le prospettive del suo grandangolo, una luce lirica che contrappunta l’ambigua esistenza del protagonista e del milieu, in primis la premiata ditta Ron Perelman e Albert Brooks. There will be blood, e scorrerà anche il sentimento, ma frustrato: l’unico bacio tra Ryan e Carey è un escamotage per il compimento della violenza, una testa maciullata sotto le scarpe. La fisicità è asservita alla lotta, se non una sua esclusiva. In una scena da brividi, staticamente elettrica e sensualmente evocativa, Ryan e Carey si sorridono muti, lasciando parlare la luce: è il loro climax. Sulla carreggiata dell’action criminale, il Refn di Drive fa stop e go nell’intimismo, rifornisce macchina e pilota di ineluttabilità e masochistica accoglienza di un sé anoressico, che non conosce il desiderio compiuto: pilota senza direzione, tiene la strada come nessuno, ma non per andare là dove vorrebbe.
Dalle Iene (evocate nei nomi Blanche e Bernie Rose) ai grandi arrabbiati
‘70s, passando per i tragitti fottuti di Abel Ferrara, l’ascissa on the
road di Schrader e l’ordinata mélo di Sirk, si arriva al modello più
nettamente percepibile: Michael Mann, nelle immagini riflesse, nella
coreografia dell’azione, nel sottotesto esistenziale. Ma di Mann non
condivide appieno il romanticismo, perché Drive sfiora il nichilismo:
leva e mette la maschera da stunt il pilota, ma in realtà non la toglie
mai, come il suo antagonista Ron Perelman, l’Hellboy di Del Toro.
Refn lo sa, e ci gioca con sapienza scapigliata e adrenalinica serietà,
regalandoci le sequenze action migliori degli ultimi anni: arriverà
un’ultima coltellata, ma il driver ritroverà la sua posizione nel mondo.
Al volante, ancora e sempre: la sua funzione è il nome, la macchina il
posto di lavoro. Lo lasciamo lì, mentre la musica lo celebra eroe, con
gli occhi eyes wide shut del metacinema: pilota come Refn, che guida da
Dio una macchina non sua. (Federico Pontiggia)