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Edward de Vere, conte di Oxford, era un poeta e un drammaturgo affermato alla corte della regina Elisabetta nel XVI secolo. Alcune teorie letterarie del XX secolo ritengono che sia lui in realtà l'autore dei lavori attribuiti a Shakespeare.
Regia: Roland Emmerich
Interpreti: Rhys Ifans, Vanessa Redgrave, David Thewlis, Xavier Samuel, Joely Richardson, Derek Jacobi, Edward Hogg, Mark Rylance, Julian Bleach, Tony Way
Sceneggiatura: John Orloff
Fotografia: Anna Foerster
Valutazione Pastorale (dal sito della CNVF della Conferenza Episcopale Italiana)
Giudizio: consigliabile, problematico, dibattiti
Tematiche: Famiglia; Potere; Storia; Teatro
Quello della vera identità di Shakespeare è un tema tanto intrigante quanto destinato a non trovare soluzione. "Su di lui come scrittore -ricorda Emmerich- non abbiamo proprio nulla, sappiamo che era un uomo d'affari di Stratford e che qualche volta recitava". Di fatti accertati ce ne sono pochi, e un film storico è destinato a confondere realtà e finzione. Il copione poi, partendo da quei testi anonimi, si allarga a tutta la corte di Elisabetta e compone uno sfondo agitato, inquieto, aspro, dentro il quale si agitano intrighi e veleni seza quartiere. Ne esce la radiografia di un perido certo agitato e carico di tensioni, nel quale si fa capire che anche alcuni testi teatrali hanno avuto importanza nel condizionare l'andamento degli eventi. Vero o falso che sia, l'affresco è coinvolgente, e Emmerich lo governa con piglio robusto. Il ritmo è solo spezzato dai troppo frequenti e non sempre chiari cambi temporali, tra presente e flashback. Ma lospettacolo è solido e il film, dal punto di vista pastorale, è da valutare come consigliabile, problematico e adatto per dibattiti.
Utilizzazione: il film è da utilizzare in programmazione ordinaria e in seguito come proposta di film storico in grado di suscitare molte riflessioni sui temi affrontati (teatro, potere, famiglia...). Attenzione è da tenere per minori e piccoli in vista di passaggi televisivi o di uso di dvd e di altri supporti tecnici.
Dal mistero sull'identità di Shakespeare la riflessione di Emmerich sul senso dell'arte. Quasi sorprendente
Chi si nascondeva dietro il nome di William Shakespeare, attore teatrale semianalfabeta che alla sua morte, nel 1616, alla moglie e alle due figlie non lasciò né denaro né, tantomeno, nessun accenno a libri o manoscritti? Parte dalla stessa domanda che per secoli si sono posti studiosi e intellettuali, Roland Emmerich, per il suo Anonymous. E finisce per rispondersi come già fecero, da tempo, i cosiddetti oxfordiani: in realtà, dietro Shakespeare si celava il conte di Oxford (qui Rhys Ifans), nobiluomo e cortigiano, secondo la leggenda amante della regina Elisabetta (Joely Richardson da giovane, Vanessa Redgrave quando più anziana).
È vero, l’accostamento Emmerich-Shakespeare potrebbe non lasciar presagire nulla di buono, ma l’operazione compiuta dal regista più hollywoodiano partorito dal continente europeo sorprende per svariate ragioni: forte di una sceneggiatura (di John Orloff) ad alto tasso di complessità, l’artefice dei vari Independence Day e 2012, pur non rinnegando il gusto per una messa in scena roboante, riesce a costruire un anomalo thriller in costume capace di spaziare senza soluzione di continuità su tre livelli linguistici - letteratura, teatro, cinema - e di riflettere sull’importanza dell’arte quale strumento politico tra i più raffinati. E incisivi. (Valerio Sammarco)
"Non convince il passaggio di Roland Emmerich dal cinema catastrofico a quello più autoriale. Con 'Anonymous' ci riporta nella Londra elisabettiana per raccontare la storia del 'vero' autore delle opere di Shakespeare, che secondo alcune teorie, era solo un volgare e ignorante attore da strapazzo, prestanome di Edward de Vere, conte di Oxford, raffinato uomo di lettere e amante della regina. Non è altrettanto raffinata però la sceneggiatura che tratteggia grossolanamente i personaggi, pasticcia con la Storia e azzarda colpi di scena da telenovela che fanno sussultare sulla poltrona." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 18 novembre 2011)
"Che Shakespeare sia nostro contemporaneo non c'è più alcun dubbio, bastava sentire l'altra sera all''Infedele' Pippo Delbono recitare Enrico V. Ma il nuovo film del tedesco hollywoodiano Roland Emmerich, tra le penombre della Londra del XVII secolo, va alla radice con un kolossal thriller sullo scambio d'identità: chi era Shakespeare? E' esistito davvero? Non è uno scoop, da secoli si dibatte, illazioni molte (anche che Scespir fosse un italiano, Nord Est?) ma sicurezze poche. Sul problema si sono interrogati Mark Twain e Freud, Chaplin e Welles, per cui Emmerich, regista action d'attacchi alieni, Godzilla e fini del mondo, si sente in buona compagnia, avendo fatto culturalmente un passo avanti. Il regista è tra gli 'anti stratfordiani' cioè tra quelli che non credono alla favola del ragazzo incolto e di umile famiglia di Stratford che ha scritto 37 capolavori e 154 amorosi sonetti; invece si riconosce negli 'oxfordiani' che, come sostiene il film, vedono in Edward de Vere, conte dandy di Oxford che di soprannome faceva 'spear shaker', consigliere legatissimo alla regina Elisabetta I, il vero autore sotto mentite spoglie dell'immortale corpus teatrale di cui non c'è traccia nell'eredità quando William morì nel 1616." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 18 novembre 2011)
"Un thriller letterario, insolito e sorretto da un magniloquente e sfavillante sforzo produttivo. Il fatto, però, che 'Anonymous' si presentasse già in partenza come un blockbuster difficile da consumare, è dimostrato dalle strategiche anteprime organizzate a tappeto sul territorio nazionale con il lodevole conforto delle università e in particolare delle cattedre di lingua e letteratura inglese. Roland Emmerich, finora conosciuto come artefice di sbrigativi kolossal apocalittici, vi sviluppa, infatti, la controversa leggenda che mette in dubbio l'identità di William Shakespeare. (...) L'allampanato Rhys lfans è molto in parte, la Redgrave come sempre insuperabile, ma la lana caprina dell'assunto penalizza l'adesione del pubblico non meno del vorticoso e spesso frastornante incrocio dei piani temporali." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 18 novembre 2011)
"L''Anonymous' del titolo è il personaggio che secondo una certa scuola di pensiero avrebbe scritto le opere passate alla storia sotto il nome di Shakespeare, sulla cui vera identità si specula da secoli senza certezza. La tesi qui abbracciata è quella degli 'Oxfordians', convinti che per parlare con tanta cognizione di uomini di potere, ci volesse qualcuno appartenente a quel mondo come Edward de Vere, XVII duca di Oxford. Teoria che studiosi come James Shapiro, reputano assurda e infondata. (...) Davvero troppa carne al fuoco nella pasticciata e romanzata sceneggiatura di John Orloff! Però gli interpreti, a partire da Rhys Ifans/de Vere, sono ottimi; la ricostruzione della Londra d'epoca suggestiva e la regia di Emmerich professionale. Ed è fantastico come il Bardo continui ad alimentare direttamente e indirettamente la fantasia dei posteri." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 18 novembre 2011)
"Fu davvero Shakespeare a scrivere i capolavori tramandati con il suo nome? Una controversia antica, per usare un eufemismo, di interesse limitato. Il drammone in costume del rozzo Roland Emmerich che scova il vero autore in un tal conte di Oxford. Si sbadiglia alla grande tra magnifici costumi, continui intrighi e scene troppo scure. Rimpiangendo la grazia 'Shakespeare in Love' e il fuggevole topless di Gwyneth Paltrow. Qui per di più ci tocca l'incartapecorita Vanessa Redgrave (Elisabetta) in déshabillé." (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 18 novembre 2011)
"«E chi muore senza portare nella propria tomba almeno una pedata ricevuta in dono da un amico?», scriveva il Bardo nel 'Timone d'Atene' profetando quel che Roland Emmerich gli avrebbe cinematograficamente 'dedicato' nel 2011. Certo, il catastrofista teutonico col pedigree ('2012' e dintorni) proprio amico di William Shakespeare non pare, a giudicar dal fatto che del più grande drammaturgo della storia ha cancellato le tracce, rendendolo - per così titolare - 'Anonymous'. Legittimato da secoli di dubbi sulla vera identità dell'autore di 'Amleto', imbastisce un Gran Pastis formato fanta-blockbuster tra la corte di Elisabetta I e i pop teatri di Londra, a cui manca solo il 3D. Per carità, la vicenda (specie la mezz'ora di chiuse emozionali) ha una sua logica, ma l'arte del kolossal è altra cosa. Con beneplacito del bravissimo Rhys Ifans al cui talento si deve la stella in più." (Anna Maria Pasetti, 'Il Fatto Quotidiano', 17 novembre 2011)
"La teoria, tutt'altro che nuova, resta per alcuni affascinante: William Shakespeare era un 'nom de plume'. Il bardo, dunque, non esisterebbe e le geniali opere a lui attribuite sarebbero state scritte da qualcun altro. Stavolta a riproporre il tormentone è il regista Roland Emmerich che nel film 'Anonymous', tra le tante ipotesi, sposa quella che vedrebbe in Edward de Vere, conte di Oxford, l'autore misterioso. E lo fa ambientando la vicenda durante i disordini politici avvenuti nel periodo elisabettiano, abbondantemente conditi con invidie, cospirazioni, tradimenti e torbide passioni, per rendere il tutto cinematograficamente più attraente. In più la messinscena è imponente, con una sontuosa ricostruzione di Londra in computer grafica (Emmerich è quello di 'Independence Day' e 'The Day After Tomorrow'), e con costumi e ambientazioni di grande suggestione. Tutto bene, dunque? Non proprio, perché lo sceneggiatore John Orloff - anche volendo sorvolare su alcune incongruenze di date tra le opere attribuite a Shakespeare e la vita di de Vere - non riesce a costruire una storia del tutto lineare, facendo ricorso a una serie di flashback, alcuni persino all'interno di altri. Cosicché nella prima mezzora del film complica non poco la vita dello spettatore, soprattutto se a digiuno di storia inglese, servendogli un groviglio che sembra inestricabile, anche perché tra gli intenti del regista c'è quello di imbastire un thriller politico. E per questo immagina le opere di Shakespeare - di cui vi sono alcuni deliziosi assaggi in un ben ricostruito Globe Theatre - come un'arma sfruttata dalle fazioni che si contendono il potere per sobillare il popolo. (...) Il risultato - che a stento dissimula un pizzico d'invidia tutta americana per il genio del drammaturgo inglese - è una via di mezzo tra 'Elizabeth' e 'Shakespeare In Love', un po' tragedia e un po' commedia; un film che non riesce a catturare e a convincere come vorrebbe. Almeno non così come vorrebbero il regista e l'attore shakespeariano Derek Jacobi, al quale con una trovata narrativa Emmerich affida, sul palco di un moderno teatro di New York, il compito di introdurre lo spettatore alla conoscenza di 'un'altra storia' e il finale che vorrebbe porre fine alla disputa. Il giudizio sul merito della questione lo lasciamo agli storici. Quanto a noi, anche dopo la visione del film, la sensazione è che non sia poi così importante sapere chi fosse realmente William Shakespeare. Ciò che conta, e che resta, è la sua ineguagliabile opera." (Gaetano Vallini, 'L'Osservatore Romano', 18 novembre 2011)