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John Carter è un ufficiale veterano della Guerra Civile Americana che, dopo essersi addormentato in una grotta dove si era rifugiato per fuggire a dei guerrieri Apache, si risveglia fortunosamente trasportato su Marte. Lì diverrà protagonista di un’altra guerra civile: quella tra diverse razze aliene che popolano il Pianeta Rosso.
Dall'omonima serie di romanzi di fantascienza di Edgar Rice Burroghs
Regia: Andrew Stanton
Interpreti: Taylor Kitsch, Lynn Collins, Willem Dafoe, Thomas Haden Church, Samantha Morton, Dominic West, Polly Walker, James Purefoy, Mark Strong, Ciarán Hinds, Daryl Sabara
Sceneggiatura: Andrew Stanton, Mark Andrews, Michael Chabon
Fotografia: Daniel Mindel
Valutazione Pastorale (dal sito della CNVF della Conferenza Episcopale Italiana)
Giudizio: consigliabile, semplice
Tematiche: Avventura; Fantascienza; Guerra; Letteratura
Il racconto di Edgar Rice Burroughs (l'autore di 'Tarzan') è datato 1916. In Europa c'era un guerra in corso, alla quale anche gli americani avrebbero partecipato, attraversando l'oceano. Quale nemico, quali mondi erano in gioco ? Il testo ha più di un motivo di interesse che il passaggio sullo schermo ha ridotto al minimo. Prolisso e ripetitivo, il copione non riesce a trovare la giusta misura per dare vivacità e spinta allo scambio di epoche tra la Terra e Marte. Mentre l'idea che il trovare su un altro pianeta guerre altrettanto cruente che in Terra suggerisce riflessioni appropriate, a latitare è il contorno, cui fa difetto quell'aria di fiaba epica e scanzonata che avrebbe segnato un punto importante nel genere, a metà tra 'Guerre stellari' e 'Avatar'. Forse meno sbagliato di quanto appaia a prima vista, la pellicola annega nella sua lunghezza, tuttavia (è il caso di dirlo) con l'onore delle armi di un apparato spettacolare che soffre non di difetti ma di eccessi. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come consigliabile e nell'insieme semplice.
Utilizzazione: il film può essere utilizzato in programmazione ordinaria, e in successive occasioni come proposta di buon livello, anche per ragazzi.
Da un classico della fantascienza di Burroughs, una copia sbiadita di Avatar. Stanton mira agli occhi ma manca il cuore
E' quasi magia, John. Il che rende tutto molto opinabile. Nel "quasi" c'è una distanza trascurabile, una differenza da poco. Oppure un limite, l'incapacità di essere altro, oltre. John Carter può essere bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Dipende. Chi ha sete non ne ha mai abbastanza, chi non ne ha si accontenta.
Il progetto aveva un potenziale (all'origine un classico della fantascienza di Edgar Rice Burroughs), un budget (250 milioni di dollari, forse più), persino un regista: il premio Oscar Andrew Stanton (Wall-E), sulla carta perfetto per la costruzione di mondi altri e immaginifici. E ancora: una storia potenzialmente avvincente - del genere Braveheart alla campagna di Marte o del tipo Cowboys & Aliens - e un pubblico possibilmente disposto: inflazionata ma non ancora esaurita è la moda del fantasy 3D, CGI, Live Action, DOP (Di Origine Protetta, ovvero per tutti).
Il pastiche di epoche, stili e generi - dalla guerra civile americana passiamo alle guerre puniche combattute sul pianeta rosso con armi antiquate (pugni, mazze e fucili) e astronavi da Star Trek - va a braccetto con l'elasticità ideologica - c'è tutto e il contrario di tutto: antimperialismo e guerre giuste, ecologia e utopie tecno-scientifiche. Ma il modello è uno: Avatar. Un po' Holmes, un po' Bond ("Sono John. John Carter", è la battuta con cui entra in scena) e un po' Conan, l'ex capitano dell'esercito sudista John Carter (Taylor Kitsch, lo rivedremo presto in Battleship) è simile soprattutto all'ex marine Jack Sully del film di Cameron, un doppio "telegrafato" in un pianeta altro - qui Marte, là Pandora - mentre il suo originale resta dormiente in una cava/bara.
Sbarca su un pianeta sottomesso a una nazione bellicosa e ben equipaggiata (si chiama Zodanga ma si legge USA), che drena (risorse) e conquista (territori) con pari arroganza. Ne sarà il liberatore, dopo essersi legato - armi e cuore - alla principessa (Lynn Collins) di una tribù pacifica (proprio come Sully faceva con Neytiri dei Na'vi). Tanti indizi fanno una prova - c'è anche l'albero delle anime - ma le analogie non fanno un modello.
Hollywood continua a non capire che dietro le meraviglie visive di Avatar c'era un'idea classica di racconto, un'accurata caratterizzazione dei personaggi, una drammaturgia robusta, inattaccabile. Tutto ciò manca a John Carter. Stanton & co. sembrano preoccupati più di incantare il pubblico che di coinvolgerlo. Il film sa compiacere gli occhi (gli scenari sono suggestivi, le creature anfibie simpatiche, il 3D francamente inutile) ma non il cuore. La storia è monocorde, il ritmo latita, i personaggi sono deboli, la narrazione poco compatta.
Se sia stato John Carter a influenzare Avatar (il
racconto di Burroughs risale ai primi anni del '900) o viceversa, è
questione superflua. Cameron vince comunque. (Gianluca Arnone)
"C'è tutto in questo calderone, fin dal libro di Burroughs, ma è 'Avatar' che ispira Andrew Stanton, per spendere inutilmente, spettacolarmente 250 milioni di dollari, 3D e Willem Dafoe compresi. Piatto troppo condito, con alate riprese geografiche ma d'eccezionale pochezza d'inventiva narrativo-psicologica." (Maurizio Porro, 'Il Corriere della Sera', 9 marzo 2012)
"Se (...) andrete a vedere le avventure di 'John Carter', creatura nata dalla penna di Edgar Rice Burroughs, il papà di 'Tarzan', capirete a chi si sono ispirati i registi di 'Guerre Stellari', 'Indiana Jones' e 'Avatar'."(Alessandra De Luca, 'Avvenire', 9 marzo 2012)
"Piacerà ai fanatici dei libri di Burroughs che finalmente dopo un'estenuante attesa durata 80 anni vedranno il loro Carter portato sullo schermo. Portato abbastanza bene. Ha prodotto Jerry Bruckheimer, il vate del film e del telefilm d'azione ('Prince of Persia', 'Pirati dei Caraibi' e la serie 'CSI'). Con Jerry al timone, la pedalata avventurosa è sempre sciolta, veloce. Fin troppo sciolta, a dire il vero. Jerry e il regista Andrew Stanton han voluto dare al film i ritmi frenetici dei serial degli anni '30. Nel corso della vicenda Carter è catturato, si libera, viene ripreso con una frequenza al di là di ogni credibilità (quindi fuori ogni vera partecipazione da parte del pubblico). Ma una notizia porterà conforto ai fan. Carter è girato sì in motion capture (un ibrido fra 'cartoni' e 'live action' che ha già mandato in flop parecchi kolossal tra cui Tintin) ma il motion è limitato a alcuni personaggi e alle scene di battaglia. Il resto è normale spettacolone in 3D. Quindi godibile." (Giorgio Carbone, 'Libero', 9 marzo 2012)