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Monsters

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Un fotografo free lance accetta suo malgrado di soccorrere la figlia del suo editore finita nei guai in un piccolo paese del Messico centrale. Sei anni prima una navicella spaziale precipitò in questa area liberando nell’atmosfera alcuni funghi alieni che diedero vita a strane ed enormi creature ibride. Una grossa fetta dell’America Centrale fu dichiarata zona infetta e chiusa militarmente dall’esercito messicano a sud e da quello americano a nord. In questa area ogni anno si verificano delle migrazioni di esseri simili a piovre di oltre 150 metri di altezza capaci di distruggere ogni cosa capiti nelle loro vicinanze. Persi i documenti per poter ottenere un passaggio sicuro in nave, i due protagonisti decidono di affrontare i pericoli della zona contaminata piuttosto che rimanere intrappolati nel paesino messicano in attesa che si concluda il periodo delle migrazioni, sei mesi.

Regia: Gareth Edwards

Sceneggiatura: Gareth Edwards

Montaggio: Colin Goudie

Musiche: Jon Hopkins

Whitney Able, Scoot McNairy

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cinematografo.it - Fondazione ente dello spettacolo ***** A piedi nudi nella fantascienza: il guerrilla-style di Gareth Edwards non fa prigionieri, il "futuro" è suo (e di Neill Blomkamp)

Una sonda spaziale si schianta al confine tra Usa e Messico. Non è un mero incidente: sei anni dopo, i microorganismi alieni che trasportava si sono evoluti in creature mostruose. Un’area immensa viene dichiarata off limits e messa in quarantena, ma per tornare a casa il reporter Andrew Kaulder (Scoot McNairy) e la figlia del proprietario del giornale per cui lavora, l’avvenente Samantha Wynden (Whitney Able), dovranno attraversarla.

Umano e tenero, un passo a due tra i Monsters: già creatore dei VFX per Discovery Channel e BBC, a suo agio con CGI e altri mondi (digitalmente) possibili, Gareth Edwards esordisce dirigendo, sceneggiando e curando la fotografia, ovvero provandosi cineasta totale.
Risultato? Una suggestiva cornice sci-fi che accoglie ed esalta la liaison pericolosa e intima dei due protagonisti, che nella vita condividono il natale Texas e pure il letto: sono loro il fulcro di Monsters, perché la vera lotta non è contro gli alieni, ma l’alienazione del vivere oggi. Sam è figlia di papà e fidanzata suo malgrado, Andrew ha un figlio che non vede: cuullate dalla musica di Jon Hopkins, due anime alla deriva, per cui il pericolo non è il mestiere, ma un’opportunità per conoscersi meglio e provarsi migliori, in contatto con il proprio autentico Sé.

800mila dollari di budget, troupe leggera, Guatemala, Belize e Messico percorsi in camper senza un piano preciso, questa fantascienza romantica ed esistenzialista conferma che gli alieni non sono la minaccia: vi ricordate District 9? Ebbene, Edwards mette il suo nome al fianco di quello di Neill Blomkamp per il futuro del genere (e del cinema?), onorando il lascito umanista dello Spielberg di E.T. e Jurassic Park. Quasi tutto bene, a parte qualche didascalia politica e un certo – pur legittimo - compiacimento, ma la crasi di monster-movie, road-movie e love story colpisce nel segno: essi vivono, e una volta tanto sono umani. Non resta, dunque, che mandare a mente i nomi di interpreti e regista e, perché no, attendere il sequel. (Federico Pontiggia)

La critica

"Se due film bastano per fare tendenza siamo all'orrore con risvolti romantici, etichettiamo horror-rom-com. 'Rammbock' era un film di zombie, 'Monsters' è un film di extraterrestri." (Maria Rosa Mancuso, 'Il Foglio', 13-08-2010)

"Gareth Edwards, inglese giovanissimo, fin'ora si era occupato di effetti speciali con qualche regia di piloto tv. (...) Edwards vuole solo intrattenere e i suoi mostri probabilmente non entreranno nella storia del cinema, ma nella sua semplicità dichiarata si fa preferire ai prodotti di molti registi ricchi più di presunzione che di talento." (Antonello Catacchio, 'Il Manifesto', 13 agosto 2010)

"Già amatissimo dai cultori del fantacinema (al marchè di Cannes non parlavano d'altro) è una storia di sci-fi con alieni in forma di seppie giganti. (...) Da vedere con le antenne ben tese (non è detto che l'happy end sia veramente tale), un film che pare ben avviato a una carriera di 'cult'." (Roberto Nepoti, 'La Repubblica', 14 agosto 2010)

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