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Il film vede Natalie Portman nei panni di Nina un'ambiziosa giovane ballerina di New York a caccia del doppio ruolo che tutti sognano: il Cigno Bianco, delicato e innocente, e il Cigno Nero, che emana una malvagità seducente, nel classico Il lago dei cigni, in grado di trasformare una sconosciuta in una star. Nina riesce ad ottienere il ruolo, ma non è sicura di poter incarnare la parte oscura della Regina dei cigni. Mentre raggiunge nuove vette con il suo corpo, gli incubi, le fantasie e le gelosie che nasconde iniziano a farsi strada in maniera profonda, causando uno scontro pericoloso con una provocante nuova arrivata, Lily (Mila Kunis), che rappresenta la sua maggiore rivale. Nina in breve tempo si cala fin troppo bene nel ruolo del malvagio e mortale Cigno nero...
Regia: Darren Aronofsky
Sceneggiatura: Darren Aronofsky, Mark Heyman, John McLaughlin
Fotografia: Matthew Libatique
Montaggio: Andrew Weisblum
Musiche: Clint Mansell
Natalie Portman, Vincent Cassel, Mila Kunis, Winona Ryder, Barbara Hershey, Kristina Anapau, Benjamin Millepied, Ksenia Solo, Janet Montgomery, Sebastian Stan, Toby Hemingway, Sergio Torrado, Mark Margolis, Tina Sloan, Abe Aronofsky, Charlotte Aronofsky, Christopher Gartin
Durata: 103 minuti
Film vietato ai minori di 14 anni
Valutazione Pastorale (dal sito dell'Associazione Cattolica Esercenti Cinema - ACEC)
Giudizio: Complesso, scabrosità
Tematiche: Danza; Donna; Famiglia - genitori figli; Psicologia; Sessualità
Ogni storia incentrata sul balletto classico vive di alcuni punti fermi, che, proprio in quanto tali, diventano da subito il banco di prova della realizzazione. Muovendosi tra l'ideale della perfezione tecnica, l'arte assoluta, il sacrificio, la competizione spietata, la solitudine e la paura del fallimento, Aronowsky sguazza in una materia certamente non nuova, ed ha al proprio arco una sola freccia rispetto ad alcuni nobili esempi del passato (citiamo solo "Scarpette rosse" e "Luci della ribalta"): l'estetica del far vedere ciò che prima era possibile solo accennare. Così la reticente e pudica Nina diventa facile preda non solo del bel Thomas ma anche della disinibita Lily, che conduce la 'collega' sulla strada dei piaceri proibiti. Giustamente premiato a Venezia 2009 per il disperato "The Wrestler", Aronowsky conferma tuttavia grossi limiti e molta furbizia. Il manierismo patinato delle immagini va da una parte, l'insipienza dell'impianto psicologico dall'altra. E il ricorso ad ampie sequenze al limite del voyeurismo conferma la propensione a girare storie anonime buone per tutti i mercati, ma poco personali. Dal punto di vista pastorale, il film é da valutare come complesso e certo segnato da scabrosità.
Utilizzazione: il film può essere utilizzato in programmazione ordinaria, ben tenendo conto di quanto detto sopra e quindi con una valutazione di merito sull'impatto rispetto ad alcune fasce di pubblico. C'è il divieto ai 14 anni, e molta attenzione é da tenere per minori e piccoli in vista di passaggi televisivi o di uso di DVD e di altri supporti tecnici.
Rivisitazione del mito di Pigmalione, non nuova ma viscerale e furiosa. Aronofsky una conferma, Natalie Portman da Oscar
Dopo anni di gavetta, Nina (Natalie Portman), una giovane ballerina di una compagnia di New York, ottiene la parte principale nella trasposizione del celebre Lago dei cigni di Čajkovskij, rimpiazzando la ormai "usurata" Beth Maclntyre (Winona Ryder). Nel ruolo della regina, Nina dovrà però sdoppiarsi ed essere contemporaneamente l'innocente Cigno Bianco e e il malefico e conturbante Cigno Nero. Quest'ultimo diventerà la sua ossessione, perché per una ragazza ingenua e casta come lei, castrata da una madre iperprotettiva (Barbara Hershey), tramutarsi in una seduttrice diabolica non è cosa da poco. Di più: sulla sua inadeguatezza pigia il tasto il cinico direttore artistico della compagnia, Thomas Leroy (Cassel), spingendola a tirare fuori il lato oscuro di se stessa, mentre l'arrivo di una nuova ballerina, la spregiudicata Lily (Mila Kunis), aumenterà le sue incertezze portandola lentamente alla pazzia...
Il cigno nero di Aronofsky è The Wrestler al femminile. Al posto delle botte il ballo, ma le ferite non fanno meno male. Storia intrigante, cast di sicuro appeal (Natalie Portman, Vincent Cassel, Barbara Hershey e la rising star Mila Kunis), un regista di talento che ha saputo contenere negli anni pulsioni ombelicali e artifici stilistici. Prova ne sia che da un soggetto poco originale - libera variazione sul mito di Pigmalione, scritto da Mark Heyman, Andres Heinz e John McLaughlin - Aronofsky ha saputo trarre un'opera che difficilmente annoierà, e dalla commistione di stilemi e motivi (che combina con disinvoltura melò, thriller psicologico, horror, trash e musical) un film che rischia sempre di debordare senza sfuggirgli mai di mano. Se un difetto si può imputare semmai all'ultima prova del regista americano è proprio un eccesso di zelo, l'impressione che ci sia sempre qualcosa di troppo calcolato, freddo e un tantino prevedibile. D'altra parte il tema - il tema del doppio, l'ossessione artistica, le crudeltà da palcoscenico, la metamorfosi - non è nuovo, ma Aronofsky ha il merito di farlo suo, piegandolo alla propria poetica personale e squilibrata. E se da un lato il regista porta avanti - come detto - la riflessione sul cinema già avviata con The Wrestler (cinema come morte al lavoro sul corpo dell'attore), dall'altra si conferma abile nella direzione degli interpreti - tutti superbi, ma la palma del migliore va alla Portman, già vincitrice del Golden Globe e autorevole candidata all'Oscar - persino perfido nell'assegnazione dei ruoli, come quando decide di assegnare alla Ryder la parte della diva sul viale del tramonto. Poi è chiaro, la sua sensibilità stravagante e un tantino kitsch può anche non piacere a tutti, ma di fronte a un film così palpitante, vorticoso, eccessivo, è difficile restare indifferenti.
Contrariamente alla sua ballerina, Aronofsky non è "perfetto", nemmeno vuole esserlo. Il suo è semmai un cinema senza centro, instabile, infetto, stravagante e furioso. Balla paurosamente. Sta a noi decidere se ballare con lui. (Gianluca Arnone)
"Un po' come faceva con il precedente 'The Wrestler', solo che là c'era un attore (Mickey Rourke) che sapeva infondere una scintilla di verità a un personaggio un po' stereotipato, qui invece la pur brava Natalie Portman non riesce a salvare una storia troppo programmatica e 'metaforica'. (...) E così il film diventa, anche senza risparmiarsi momenti fanta-truculenti, uno scontro tra le due anime della protagonista, proprio come il balletto di Ciajkovskij racconta lo scontro tra Odette e Odile, il Cigno bianco e quello nero. Non è certo una novità quella della protagonista che ha in se stessa, nelle proprie paure e rigidità, il nemico più temibile, ma Aronofsky sceglie di enfatizzare troppo questo percorso di «autocoscienza», senza risparmiarci sogni lesbici ed eccessi sanguinari. E tutto diventa previsto e prevedibile." (Paolo Mereghetti, 'Il Corriere della Sera', 2 settembre 2010)
"A volte ritornano. Ma certo il regista Darren Aronofsky alla Mostra diretta da Marco Müller sembra avere l'abbonamento. (...) Quest'anno torna in concorso (e come film d'apertura) con 'Black Swan', un iperbolico viaggio all'interno della psiche di una ballerina di fila (una Natalie Portman già da Coppa Volpi nella più incisiva interpretazione della sua carriera) di un'importante compagnia di New York la cui vita è completamente assorbita dalla danza. La macchina da presa, spesso in spalla e in soggettiva, la segue in maniera ravvicinata con intensi primi piani disegnando le giornate di prove, la vestizione, lo sguardo al sognato camerino della prima ballerina. (...) Come in 'The Wrestler' c'è la competizione dei corpi. Ma ora c'è una donna in lotta con i propri fantasmi. Che naturalmente potrebbero essere declinati al di fuori del mondo del balletto. E qui sta il punto di forza del film che parla a tutti coloro che stanno sul palcoscenico della vita. Tra tormento ed estasi." (Pedro Armocida, 'Il Giornale', 2 settembre 2010)
"E il volo si ripete, più fosco e metaforico, nelle allucinazioni di Natalie Portman, la 'principessa' di 'Guerre Stellari' che volteggia su piedi insanguinati in 'Black Swan' (primo film in concorso), la dannata dalle scarpette rosse, riflessa in mille specchi, incapace di mettere a fuoco il reale. Il doppio come protagonista, nodo teorico del cinema che aspira a mantenere vivo il mito dell'altro immortale, l'altro come unica dimensione del possibile, mentre di qua ci sono solo le ossa spezzate delle ballerine, da Berkeley al Bolscioi. Regista 'senza stile', Aronofsky ne ha molti di stili e mette a dura prova lo sguardo qui reso strabico da sipari e ombre, apparizioni e miraggi che assediano Nina (Portman). (...) E allora la ballerina in tutti, la bambola, mostrerà senza ritegno la pelle gonfiarsi ed espellere schegge di piume nere, metamorfosi. Alienazione totale dell'essere nel suo doppio, magia. E il 'caro fantasticare' di Morin, il solo che farà decollare Natalie Portman, trasfigurata in una oscura maschera trionfante, finalmente il 'riflesso' ha vinto sulla copia mortale." (Merluccia Ciotta, 'Il Manifesto', 2 settembre 2010)
"'Black Swan' del giovane americano Darren Aronofsky è una vera botta, un colpo al cuore, una sincope nel respiro del cinema. Ancora più grande perché totalmente inaspettata, da parte di questo regista altalenante (...) pieno di alti quanto di bassi, capace di immaginare ma non sempre di realizzare. Con 'Black Swan', interpretato da un'inimmaginabile Natalie Portman (assieme a Vincent Cassel, Mila Kunis, Winona Rider, Barbara Hershey), Aronofky va a spiare nel mondo della danza classica, così come tre anni fa aveva fatto per quello della boxe. Stessa ossessiva fisicità, stesso sudore, stesso tormento alla ricerca del riscatto e della perfezione del gesto, stessa viscerale passione. Per l'arte, che per i due protagonisti coincide con la vita. (...) Nella parte di Nina, Natalie Portman fa un salto di qualità assolutamente inaspettato, andando molto oltre i ruoli sinora affrontati (candidata all'Oscar per 'Closer' nel 2004). Ma quello che succede alla brava attrice su questo set è qualcosa che va al di là della sua volontà. E' il frutto di un'opera d'arte che diventa tale nel suo farsi, che trascina tutto e tutti verso la perfezione, che decide essa stessa dove andare e chi portare con sé. E' la magia dell'arte che si fa cinema e il cui cammino si completa solo all'arrivo in sala. Dove noi, spettatori, mettiamo il punto finale con la nostra meraviglia e con l'emozione." (Roberta Ronconi, 'Liberazione', 2 settembre 2010)
"Applaudito e fischiato quasi in egual misura dalla platea stampa, 'Black Swan' di Darren Aronofsky è un potente concentrato di temi e figure viste in cento altri film, da 'Scarpette rosse' a 'Eva contro Eva' passando per 'Che fine ha fatto Baby Jane' (ma l'elenco potrebbe continuare), trattati con crudezza e sfacciataggine neopop. E il bello (e il limite) del permissivismo moderno. Dove una volta c'erano allusioni e metafore, oggi ci sono scene quasi hard. (...) Alla lunga per una carica sessuale tanto esplicita finisce per escludere ogni sottigliezza e il film scelto per inaugurare la 67ma Mostra del Cinema di Venezia imbocca la strada del crescendo obbligato, con trucchi ed effetti speciali che anziché completare oscurano e banalizzano i conflitti psicologici della protagonista, vittima di una madre ex-ballerina (Barbara Hershey) che la infantilizza, la domina, la fa dormire in una stanza rosa piena di pupazzi di peluche. Il meglio dunque è nello stile nervoso e molto fisico della regia, nella bravura del cast al completo, nel rapporto quasi sadomaso fra la povera ballerina che vuol essere perfetta e il suo pigmalione che la incita a lasciarsi andare e sorprendere se stessa, non solo sul palco naturalmente. Il peggio nelle allucinazioni sempre più violente che aggrediscono la danzatrice (c'è di mezzo anche l'ex-stella del balletto Winona Ryder, liquidata senza riguardi per raggiunti limiti d'età). Si sono viste inaugurazioni peggiori. Ma il cinema americano quest'anno rischia di essere il tallone d'Achille della Mostra." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 2 settembre 2010)
"Il film che si vorrebbe colto e profondo è ricco di psicologismi superficiali, visioni oniriche d'accatto, ovvietà, errori vistosi (neppure la protagonista Portman ha un corpo da ballerina). Nella storia la danzatrice sarebbe tecnicamente perfetta ma fredda, incapace di lasciarsi andare e di esprimere passioni perché repressa da una madre distruttiva ex ballerina; (...)Un pasticcio, ma niente affatto male." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 2 settembre 2010)
"'Black Swan', che ha aperto la Mostra, è un film presuntuoso e banale. (...) ha la struttura narrativa del musical (...) ma è girato come un horror, con abbondanza di effettacci e violente rasoiate in colonna sonora." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 2 settembre 2010)
"Come psicosomatizzare Ciaikovskij. (...) Aver riunito i due volti del Bene e del Male, come nel vecchio 'Specchio scuro', non è una gran novità e così neppure riesumare la disputa 'Eva contro Eva' dietro le quinte (Wynona Rider, gran perdente), ma stavolta ci sono le scarpette rosse. E del color sangue s'impregna tutto questo mélange confinante col melò e con l'horror alla Cronenberg viste le offese, le mutazioni e le mutilazioni del corpo sadomaso della vedette il cui inconscio, tenuto in libertà vigilata dalla madre (come è brava Barbara Hershey) finalmente si abbandona a fantasie lesbo, anche se il suo Pigmalione, l'unico coreografo etero su piazza (è Vincent Cassel, gli si crede), promette infine il bacio di un impossibile risveglio. Psicanaliticamente è tutto da prima elementare di sostegno, ma il cocktail visivo risulta seducente, perfino subliminale a scoppio ritardato, specie negli alterchi edipici casalinghi (ma la Magnani di 'Bellissima' non c'entra) e nello sconquassante finale finalmente sulle punte. Una storia di piume imbrattate, di voglie represse di letto e locandine: dannazione dell'arte, concetto clou del romanticismo multiuso riscoperto dagli yankee post '42ma Strada'. (...) La Portman si è dedicata al film con espiazione monacale con risultato evidente, è angelo e demone di ambiguo candore e così paranoica (...) che forse l'Oscar, lottando con Kidman, le spetta di diritto." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 18 febbraio 2011)
"Piacerà a quelli che sono d'accordo col regista Aronofsky e con Dario Argento. Il primo sostiene che il mondo del balletto è un covo di paranoie. Il secondo che è il luogo ideale per un thriller (vedi il suo 'Etoile')." (Giorgio Carbone, 'Libero', 18 febbraio 2011)
"Anima sgorga, vieni fuori. Così sulle punte, in estenuanti esercizi, Nina (Natalie Portman), ballerina del New York City Ballet, chiede ai lacci e lacciuoli che l'avvinghiano di lasciare uscire tutta la passione, che la tiene inchiodata alla sbarra per ore, oltre l'orario consentito e ragionevole per la fibra del suo corpo. (...) Come riuscire ad arrivare alla spontanea e maliarda indolenza di Lily (Mila Kunis), fascinosa corruttrice? È su questa dualità, tanto invocata dalla dolce Nina, che si impernia il thriller psicologico 'Il cigno nero' di Darren Aronofsky. Come la lotta in 'The Wrestler' - con cui il regista americano vinse il Leone d'oro nel 2008 -, il balletto in 'Il cigno nero' non è che il pretesto per dare corpo a un thriller psicologico, basato su una competizione esasperata con gli altri e con se stessi fino alla mortificazione corporale e autodistruttiva È un film godibile, anche per la bravura di Portman, che per sei mesi si è allenata cinque ore al giorno pur di sostenere senza controfigure la parte. La giovane Natalie era stata infatti sottratta al mondo del balletto da Luc Besson che la volle in 'Léon' al fianco di Jean Reno. Al 'Cigno nero' manca però la grazia disperata di 'The Wrestler' e il volto dolente di Mickey Rourke." (Cristina Battocletti, 'Il Sole 24 Ore', 18 febbraio 2011)
"In corsa per l'Oscar, 'Cigno nero' è un thriller psicologico ambientato nel mondo del balletto newyorkese: sulle punte e sugli scudi ¿ se c'è un dio del cinema, la statuetta è sua ¿ è Natalie Portman, prima ballerina e fragile donna. La sua Nina si troverà imprigionata in una ragnatela di competizione con una nuova, ambiziosa rivale (Mila Kunis), ma anche tutto il resto è ossessione, prevaricazione e paranoia. Dopo il Leone d'Oro 'The Wrestler', Darren Aronofsky abbandona il ring e mette il tutù alla tensione: estetizzante, compiaciuto, ricattatorio, quel che volete, ma sa girare, e la confezione è splendida, il cast - anche Vincent Cassel, Barbara Hershey e Winona Ryder - strepitoso. Non è il canto del cigno, ma una prova d'autore: al netto della furbizia." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 17 febbraio 2011)
Quello che... non abbiamo fatto - I film della stagione 2010 / 2011