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Gangor

Gangor

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Gangor è la storia del fotoreporter Upin, inviato nel Bengala occidentale per un reportage sullo sfruttamento e la violenza subita dalle donne tribali. A Purulia, accompagnato dal suo assistente Ujan, mentre fotografa un gruppo di indigene intente a lavorare, Upin mette a fuoco Gangor rimanendo profondamente turbato dall'immagine di lei mentre allatta il suo bambino. La foto viene pubblicata in prima pagina suscitando scandalo e la vita di Gangor cambia drammaticamente. Upin ignaro di tutto, dopo essere tornato a Calcutta da sua moglie, ossessionato dal pensiero di Gangor, decide di tornare a Purulia per ritrovarla. Upin scoprirà cosi di essere diventato, senza volerlo, strumento della stessa violenza che avrebbe voluto fermare.

Liberamente tratto dal racconto Choli Ke Pichhe (Dietro il corsetto) di Mahasweta Devi

Presentato in Concorso al Festival di Roma 2010.

Gangor

Regia: Italo Spinelli

Sceneggiatura: Italo Spinelli

Fotografia: Marco Onorato

Montaggio:  Jacopo Quadri

Adil Hussain, Samrat Chakrabarti, Priyanka Bose, Seema Rehmani, Tillotama Shome

Durata: 1 ora e 31 minuti

 Biglietti esselunga Vieni al cinema alla domenica sera - a Casatenovo costa meno Prendi sei e paghi cinque - Tessere a scalare

 

Valutazione Pastorale (dal sito dell'Associazione Cattolica Esercenti Cinema - ACEC)

Giudizio: Consigliabile, realistico, dibattiti

Tematiche: Donna; Mass-media; Politica-Società

Italo Spinelli ha realizzato documentari e reportage in varie parti del mondo, fermandosi di più negli ultimi anni in India, con il volume pubblicato nel 2002 sul cinema indiano nel rapporto tra Ray e Bollywood. Più di recente ha incrociato il racconto breve "Dietro il corsetto" della scrittrice Mahasweta Devi, incentrato sul rapporto tra potere dell'informazione e responsabilità di chi opera nel giornalismo. Da qui parte il copione, che dunque colloca un tema universale sullo sfondo di una società stratificata e complessa come quella indiana. Girata nei luoghi autentici, nel distretto di Purulia, a sette ore di macchina da Calcutta, la storia entra con decisione nei gangli scoperti e delicati di una cultura indiana lacerata tra aspri contrasti in uno scontro modernità/tradizione lontano dal trovare un punto d'incontro. Accurato e puntuale, lo sguardo del regista mette a fuoco il tema centrale della violenza alle donne, della loro libertà ad autodeterminarsi, ma sembra rimanere sempre al di quà di un incisivo impeto di denuncia. Il ritmo graffia poco, il clima resta abbastanza convenzionale. Tuttavia il film ha una sicura valenza informativa, e dal punto di vista pastorale, é da valutare come consigliabile, realistico e adatto per dibattiti.

Utilizzazione: il film é da utilizzare in programmazione ordinaria e in seguito come proposta per avviare riflessioni sui due argomenti centrali, la violenza sulle donne, la violenza dell'informazione.

 

cinematografo.it - Fondazione ente dello spettacolo ***** Buone intenzioni e cattiva illustrazione: in Concorso, Italo Spinelli e la violenza sulle donne indiane

Liberamente tratto dal racconto Dietro il corsetto (Choli ke Picche) contenuto nella raccolta Breast stories della scrittrice indiana Mahasweta Devi, è Gangor, diretto da Italo Spinelli e in Concorso al quinto Festival di Roma.

Coproduzione italo-indiana, il film segue il fotoreporter Upin (Adil Hussain), inviato nel Bengala occidentale a Purulia per indagare le violenze e lo sfruttamento delle donne tribali (in particolare dell’etnia Kheria Sabars): accompagnato dall’assistente Ujan, fotografa un gruppo di donne impegnato a trasportare mattoni, tra cui Gangor (Priyanka Bose) che sta allattando il figlio. Lo scatto, da cui Upil rimane profondamente turbato, viene pubblicato in prima pagina: è scandalo, che squassa la vita di Gangor. Ignaro, Upin è tornato dalla moglie a Calcutta, ma il pensiero della donna l’ossessiona e torna a Purulia: scoprirà di essere diventato lui stesso un ingranaggio di quel meccanismo di violenza che avrebbe voluto arrestare.

Ovviamente apprezzabile l’intento civile e umanista di Spinelli, Gangor tuttavia non riesce a fare cinema di queste buone intenzioni: se per lo stato dell’arte dello sfruttamento sulle donne in India, un documentario funzionerebbe decisamente meglio, il film perde ancor più sull’altro versante d’indagine, quello – perno del racconto della Devi – critico della relazione tra intellettuali urbani e povertà rurale.

Sospeso tra fascinazione sensuale e "folle" paternalismo, il personaggio di Upin è francamente stereotipato: reporter talentuoso ma incontrollabile, che della campagna ama gli amari ma non le donne e che vive con la moglie solo due mesi all’anno, perché il lavoro, anzi la sua missione informativa, non conosce tregua... Naturale, dunque, che non si colori della necessaria ambiguità, bensì stinga nel duetto con la bella Gangor tutte le problematiche dello sguardo sull’altro e dell’altro: anziché il terreno antropologico, il film trova il deserto drammaturgico, al posto dell’invenzione audiovisiva, l’appiattimento su didascalie e mere illustrazioni. Non va. (Federico Pontiggia)

Quello che... non abbiamo fatto - I film della stagione 2010 / 2011


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