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Dopo l'omonimo film vincitore dell'Oscar (1980) e dopo la fortunata serie TV, torna Fame – Saranno Famosi. Ambientato a New York, nella vivace atmosfera della prestigiosa School of Perfoming Arts, ballerini, cantanti, attori e artisti di talento hanno l’opportunità di dar vita ai loro sogni e ottenere un successo reale e duraturo... quello che nasce dal talento, dall'impegno e dal duro lavoro.
Regia | Kevin Tancharoen |
Sceneggiatura | Allison Burnett |
Aline Brosh McKenna | |
Asher Book | Kristy Flores |
Paul Iacono | Paul McGill |
Naturi Naughton | Kay Panabaker |
Collins Pennie | Anna Maria Perez De Tagle |
Walter Perez | Debbie Allen |
Charles S. Dutton | Kelsey Grammer |
Bebe Neuwirth | Megan Mullaly |
Ecco il remake del film cult di Alan Parker. Ma sembra più uno spottone per teen-ager cresciuti a pane e De Filippi
Di sicuro piacerà alle ultime generazioni cresciute a pane e Maria De Filippi, ma il remake del cult firmato nel 1980 da Alan Parker sembra un vero mega spot di Sportswear, "impreziosito” dai pezzi più scontati e abusati dell’antologia pop degli ultimi anni. L'ambientazione è sempre la stessa, la mitica School of Performing Arts di New York City, dove gli studenti passano la ricreazione ballando sui tavoli e (almeno nel racconto) non si ha mai traccia di quelle noiose lezioni di materie inutili come latino, storia, geografia e simili. Un miraggio adolescenziale a cui forse tre decenni fa si poteva aderire con più complicità, vista la sua perfetta aderenza con lo spirito di una nuova epoca, fatta di individualismo spinto, di grandi sogni di autoaffermazione e… di Michael Jackson, Madonna, e Mtv. Una sorta di età dell’innocenza, rispetto all’attuale dittatura del materialismo, condita di una vitalità e di un sincero entusiasmo ormai difficili da replicare. Lo confessano perfino i titoli di testa: le luci si spengono, comincia il ritornello della cover in stile hip hop della title track, e la grande insegna luminosa col marchio Fame appare campeggiando su sfondo nero. La musica però dura solo pochi secondi e, mentre svanisce, la macchina da presa chiude su una delle lampadine della scritta che si sta per fulminare. Quale confessione più sincera dell'impossibilità di riaccendere i sogni di gloria di quei controversi anni '80? Con tali premesse, non stupisce che il nuovo musical diretto dal coreografo Kevin Tancharoen appaia come una sorta di confusa operazione di marketing, in cui – per mancanza di identità cinematografica e di idee – confluiscono alla rinfusa citazioni dai generi di maggior successo degli ultimi anni: dal videoclip a film molto diversi tra loro come High School Musical, Moulin Rouge e Sister Act. Rispetto all'originale interpretato dall'indimenticabile Irene Cara, ci troviamo di fronte a una sorta di incubo canterino postmoderno, che in un certo senso va oltre la mera banalità e colpisce per il suo carattere inflazionato, quasi crepuscolare. (Laura Croce)