Giovedì 3 aprile - Ore 15:00
Irlanda, 1952. L'adolescente Philomena viene mandata in convento per essere 'riportata sulla retta via', poiché è rimasta incinta. Ancora molto piccolo, il bambino viene dato in adozione a una famiglia benestante di Washington. Da allora, Philomena non si è data pace e ha speso cinquanta anni in inutili ricerche. Grazie all'incontro con il giornalista Martin Sixsmith, incuriosito dalla sua storia, la donna si imbarcherà in un'avventura che la porterà in America dove scoprirà la straordinaria storia di suo figlio...
Regia: Stephen Frears
Interpreti: Judi Dench, Steve Coogan, Charlie Murphy
Sceneggiatura: Steve Coogan
Fotografia: Robbie Ryan
Montaggio: Valerio Bonelli
Musiche: Alexandre Desplat
Valutazione Pastorale (dal sito della CNVF della Conferenza Episcopale Italiana)
Giudizio: Consigliabile, problematico, dibattiti
Tematiche: Donna; Famiglia - genitori figli; Libertà; Omosessualità; Solidarietà-Amore; Storia; Tematiche religiose
In concorso a Venezia 70, il film è stato a lungo in lizza per i premi più importanti, ottenendo alla fine solo il Leone per la migliore sceneggiatura. Ha fatto invece incetta di molti premi 'collaterali', primo tra i quali il Premio SIGNIS, il più antico tra i riconoscimenti attribuiti al Lido (in precedenza era il Premio OCIC). La giuria internazionale ha assegnato il premio al film: "Perché offre un intenso e sorprendente ritratto di una donna resa libera dalla Fede. Nella sua ricerca della verità, sarà sollevata dal peso di un ingiustizia subita grazie alla sua capacità di perdonare". Verità e perdono sono certamente i due elementi dentro i quali è racchiusa la parabola di Philomena, che da giovanissima subisce una violenza impossibile da dimenticare, che infatti per mezzo secolo non dimentica e che pure, ricostruiti i fatti, non alimenta in lei istinti di vendetta o di rivincita. Al giornalista che si meraviglia di tale generosità, la donna, anziana ma lucida, offre una lezione di civiltà e umanità, derivata da una fede che non è dogma ma intelligenza, tesoro di spirito e di preghiera, apertura verso l'altro. Giustamente premiato per la scrittura incalzante, serrata, stringata del copione, il film offre molti altri temi sottotraccia, sguardi non convenzionali sulla società inglese e americana, sulla religione, sulla famiglia. La regia di Frears miscela come sempre al meglio serenità, furbizia, attualità. E Judi Dench avrebbe meritato la coppa Volpi a Venezia come migliore attrice. Resta un film di notevole impatto drammatico che, dal punto di vista pastorale, è da valutare come consigliabile, problematico e adatto per dibattiti.
Utilizzazione: il film è da utilizzare in programmazione ordinaria e in molte occasioni successive dove sia possibile avviare riflessioni sui molti argomenti che la storia propone.
Frears in Concorso con un incredibile trattato sull'equilibrio cinematografico. Dench e Coogan da applausi
Philomena Lee custodisce un segreto doloroso. Nel 1952, ancora adolescente, rimane incinta. Mandata nel convento di Roscrea, luogo in cui vengono rinchiuse le "ragazze perdute", dà alla luce Anthony. Che solamente un paio d'anni più tardi viene affidato dalle suore ad una famiglia americana. 50 anni dopo, la donna - che non ha più saputo nulla del bambino - è ancora alla ricerca di suo figlio. Lo scrittore e giornalista Martin Sixsmith, venuto a conoscenza della sua storia, intraprende con lei un viaggio che non
solo rivelerà l'incredibile vicenda del figlio, ma finirà per unirli in
un legame speciale.
Stephen Frears torna in Concorso a Venezia sette
anni dopo The Queen: la regina, stavolta, è Judi Dench, all'ennesima
prova straordinaria, affiancata da un altrettanto eccellente Steve
Coogan, coautore della sceneggiatura e produttore del film, tratto dal
libro "The Lost Child of Philomena Lee" di Martin Sixsmith, pubblicato
nel 2009 e basato sulla storia vera di una madre alla ricerca del figlio
perduto.
E' un trattato sull'equilibrio, Philomena, la dimostrazione che il cinema può rapportarsi anche ad episodi reali senza dimenticare le mutevoli componenti che possono caratterizzare una storia, o la vita stessa: per farlo, Stephen Frears sceglie di non utilizzare un unico binario per le emozioni, creando in questo modo una miracolosa alternanza tra gli aspetti più struggenti di una vicenda di per sé strappalacrime e gli irresistibili, divertenti duetti tra Philomena e Martin. Da una parte la semplicità di una donna caratterizzata da un senso dell'umorismo a dir poco naïf, profondamente cattolica nonostante tutto, dall'altra il pragmatismo, il cinismo e l'ironia tipicamente british di un intellettuale ateo e abituato a ben altre storie.
Mai banalmente, considerati gli sviluppi reali della ricerca intrapresa e l'evoluzione del racconto (che evitiamo di anticipare), il lavoro di Frears - realizzato su commissione - si svincola con maestria dal portare un semplice e superficiale attacco anticlericale, esaltando invece la dignità di chi crede proprio nella sequenza più significativa dell'intero film, affidando ad una parola - "perdono" - il senso ultimo e più profondo dell'intero viaggio.
Leone d'Oro? Chissà, quel che è certo è che per la Coppa Volpi bisognerà far meglio di entrambi i protagonisti di Philomena, già in rampa di lancio per la prossima edizione degli Oscar: per informazioni rivolgersi alla Weinstein Company. (Valerio Sammarco)